Salire sulla cima dell’Ortles, la vetta regina dell’Alto Adige, è un’esperienza unica. Noi lo abbiamo fatto accompagnati dalle guide della locale Scuola di Alpinismo.
Le montagne sono luoghi che confortano il corpo e la mente. Le lunghe passeggiate, l’aria pura e la natura in tutta la sua potenza aiutano ad estraniarsi dalla quotidianità e a ritrovarsi. E sono certo questo valga per tutti ancora di più dopo questo lungo e travagliato periodo.
Ecco perché quando ho avuto l’opportunità di andare in Alto Adige e più precisamente in Val Venosta, provincia di Bolzano, non ho esitato nemmeno un secondo e sono partito per un lungo e molto impegnativo weekend.
La mia intenzione era di approfittare di ogni secondo a disposizione per fare quanto più possibile, camminando e pedalando. Ma soprattutto avevo un grande obiettivo: quello di vedere questi luoghi meravigliosi da una posizione unica e privilegiata, cioè dalla cima della montagna che con i suoi 3.905metri è la più alta vetta dell’Alto Adige, il mitico Ortles.
Arrivo il venerdì mattina a Solda, piccolo paese immerso nell’immenso Parco Nazionale dello Stelvio incastonato tra Alto Adige, Lombardia e Trentino. Mi metto subito a studiare il percorso che mi attende. Partendo da Solda sono esattamente 2000 metri di dislivello positivo da coprire. Una bella scarpinata, ma per fortuna riesco ad “azzererare” i primi 400 metri prendendo la seggiovia dell’Orso e lasciandomi cullare fino ai 2300 metri di quota della stazione di arrivo.
Scendo e subito un brivido: da qui la maestosità dell’Ortles incute timore. È una montagna imponente e severa, le cui difficoltà tecniche si vedono da subito ad occhio nudo. Leggendo la relazione, la via normale è definita PD+ ma oggettivamente mi sembra più impegnativa di altre ascensioni che hanno lo stesso grado.
Salire sulla cima dell’Ortles insieme alle guide
In questa mia uscita alpinistica, mi faccio supportare da Kurt Ortler, guida alpina, con oltre 25 anni di servizio e probabilmente uno dei più grandi conoscitori di questa montagna. Kurt Ortler e i suoi colleghi della Scuola d’Alpinismo Ortler organizzano una serie incredibile di corsi e di uscite che vanno dalle più complesse ascensioni alpinistiche in alta montagna a ferrate adatte a tutta la famiglia.
Questo tipo di corsi e di escursioni con guide alpine dalla grandissima competenza sono fondamentali per poter conoscere e visitare l’ambiente montano in sicurezza e nel rispetto della natura. Troppe persone affrontano le uscite senza la benché minima conoscenza del luogo in cui si trovano, ed è necessario che si cerchi di diffondere quanto più possibile una cultura della montagna.
L’appuntamento con Kurt è direttamente al Rifugio Payer, che si staglia sulla cresta rocciosa a 3000 metri di quota, ben visibile dall’arrivo della seggiovia. Il sentiero n. 4 sale fin lì passando per il Rifugio Tabaretta, dove ci si può concedere un riposo a metà strada e da dove si può ammirare un primo panorama della Valle dall’alto.
Al Rifugio Payer si viene accolti da gentilissime signore abbigliate con i costumi tipici, e ci si sente subito immersi in una atmosfera unica. Il Rifugio risale al 1875 e fu costruito dalla sezione di Praga dell’equivalente del nostro CAI. Il panorama è stupendo e abbraccia tutto lo Stelvio: la tortuosa strada che sale verso il passo, le vette svizzere e austriache, l’alta Val Venosta.
Stare in rifugio è sempre un’esperienza emozionante, con i suoi ritmi lenti e la notte passata nel silenzio profondo. E poi la sveglia che suona a notte fonda quando l’alba è ancora lontana, la colazione silenziosa durante cui tutti i pensieri sono concentrati sulla salita alla vetta. E poi fuori nel buio, col vento che soffia forte, con lo zaino in spalla, pronti per questa nuova avventura!
Dopo tanti anni, ancora mi emoziona incamminarmi con la luce della frontale ad indicare la strada. Le rocce si presentano presto con tutta la loro difficoltà. Ma le rocce parlano anche di sofferenza: il caldo atipico degli ultimi anni le ha martoriate fino a sgretolarle, facendo sciogliere i ghiacciai che fino a poco tempo fa dominavano questi luoghi.
Piccozza e rampone per salire sulla cima dell’Ortles
Le prese non sono tutte sicure, e il ghiacciaio che si è ritirato ha lasciato lunghi tratti levigati e con pochi appigli. Viene molta tristezza, perché la colpa di questo sfacelo è nostra, del nostro stile di vita e della nostra incapacità di impegnarci per cambiare la minaccia del riscaldamento globale.
Le catene messe per sicurezza sono a portata di mano, ma si trovano metri sotto quelle che si usavano pochi anni prima, quando c’era il ghiacciaio che si è ritirato. Comunque si sale alternando arrampicate e passaggi in cresta, a tratti esposti. Dopo circa un’ora si arriva all’inizio del maestoso ghiacciaio che resite ancora. Qui si calzano i ramponi e si impugna la piccozza.
La temperatura è mite e si avanza attraverso enormi crepacci, “i buchi degli orsi”, verso un canalone ghiacciato (Eisrinne). Si passa nelle vicinanze di un bivacco d’alta quota e poi si riprende a salire ripidamente per il plateau che porta sino alla vetta. Ore 08:30: dopo 3 ore e 10 minuti sono in cima.
Che meraviglia! Il panorama è mozzafiato, fatica ripagata. Unica poi la croce in vetta, con un vetro colorato incastonato che regala riflessi unici sotto la luce del sole, permettendo la famosa foto di vetta, unica nel suo genere.
Discesa lungo la stessa, via ammirando gli immensi seracchi e permettendosi le usuali foto ricordo. Alle 11:00 esatte siamo di nuovo al Rifugio Payer, e poi giù verso Solda. Una giornata memorabile. Come si dice: highly recommended!
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