Un’idea per trascorrere una piacevole giornata autunnale? Pedalare nell’Oltrepò sulla ciclopedonale Voghera-Varzi. Noi l’abbiamo percorsa al contrario: circa 34 km in leggera discesa, con alcune soste da non perdere.
È stata completata da poco, la ciclopedonale Voghera-Varzi. Una bella strada protetta, che corre per circa 34 chilometri esattamente sul tracciato della vecchia ferrovia che collegava i due paesi, inaugurata nel 1931 e dismessa nel 1966.
Ci sono voluti un bel po’ di anni, per trasformare l’ex percorso ferroviario nella godibilissima Greenway su cui abbiamo pedalato qualche giorno fa, in una giornata che ci ha regalato tutto il repertorio del meteo autunnale: pioggia, schiarite improvvise, sole, vento, e alla fine un tramonto infuocato.
La Voghera-Varzi è una ciclovia un po’ particolare. Perché per chi parte da Voghera il percorso, dopo circa 14 spensierati chilometri di falsopiano (circa 80 metri di dislivello) si “impenna” e comincia a “tirare”: e nei 19 chilometri che mancano alla meta, si copre un dislivello di quasi 300 metri. Così noi abbiamo deciso di farla al contrario: per pedalare senza eccessivi sforzi, e poterci godere alcune tappe davvero imperdibili. Già, perché sarebbe stato un vero peccato trascorrere una giornata nell’Oltrepò limitandosi a pedalare.
Il nostro deus ex machina, va detto, è stato Stefano Guatelli: che ci ha fatto trovare a Varzi, parcheggiate addirittura nel cortile del Castello, le biciclette già tarate per la nostra statura. Ed è stato sempre lui che ci ha seguito lungo la strada statale, pronto a intervenire in caso di forature, e che una volta a Voghera ha poi ritirato le bici. Diciamo che con un “angelo custode” del genere, non c’è davvero da preoccuparsi. Nemmeno se si è alle prime armi in fatto di cicloturismo.
Partenza da Varzi, quindi. Non prima di una breve visita al Castello Malaspina. Oggi è proprietà di Enrico Odetti di Marcorengo, che l’ha ereditato da una zia e l’ha fatto completamente restaurare (“Vedi, ho lo stesso naso di quella mia antenata”, dice indicando un quadro appeso alla parete). La pandemia di Covid non ha aiutato i progetti del conte, che voleva farne una location turistica di charme. Ma adesso che la Greenway è stata completata, si riparte con entusiasmo. E tra le varie proposte del Castello Malaspina ci sarà anche il noleggio di e-bike.
A Varzi, nella patria del salame
Si comincia con la cultura, quindi, però Varzi è la patria del salame. E come avremmo potuto iniziare la nostra pedalata senza uno spuntino corroborante? Sotto i bellissimi portici storici del paese, ecco Le Cicale: una specie di bottega e “degusteria”. O meglio, una cantina. È così infatti che a Varzi chiamano i locali dove si stagiona il salame.
Qui Giorgio e Martina, fratelli e complici nel ritardare la nostra partenza a suon di assaggi e bicchieri di Bonarda, tra una fetta di salame e l’altra ci raccontano che il loro salume non fa male (e noi lo crediamo volentieri!). Perché ha una percentuale di grassi del 20%. “In pratica, meno della bresaola”, assicura Giorgio. Un salame fatto con amore, in cui vengono utilizzate tutte le parti nobili del maiale. E che viene impastato nientemeno che con la Bonarda.
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Dopo la lauta colazione, si parte lungo la ciclopedonale. Il primo tratto – quello in cui la discesa è più accentuata – è in realtà il meno panoramico: perché corre a ridosso della strada statale, e quindi non si è del tutto immersi nel verde e nel silenzio. Ma mano che i chilometri scorrono, il percorso diventa più bucolico.
Arrivati a Ponte Nizza, la prima sosta. Qui era ubicata la stazione ferroviaria, trasformata oggi in una struttura di accoglienza per i cicloviaggiatori. Oggi ospita anche un museo dedicato alla vecchia ferrovia. I volontari che lo gestiscono ne parlano quasi con gli occhi lucidi. Per loro quel treno era un “amico” che consentiva gli spostamenti tra un paese e l’altro. E che nei giorni di festa aumentava le corse per permettere di rientrare a Varzi la sera tardi.
Ancora avanti, sempre in leggera discesa, e si arriva a Salice Terme. Oggi il paese è un po’ fanè, i vecchi palazzi storici di epoca Liberty parlano di antichi fasti. Gli edifici immersi nel parco secolare fanno un po’ malinconia, ma in realtà sono già partiti i lavori per restituire a Salice l’originario splendore. Le vecchie terme saranno trasformate in un avveniristico centro benessere. E gli imprenditori stanno scommettendo sulla riuscita del progetto: tanto da aver già messo gli occhi sui alcuni dei grandi alberghi.
Sapori della tradizione e cultura sulla Greenway Voghera-Varzi
Usciti da Salice, in una decina di minuti si arriva a Rivanazzano Terme. E qui ci sono due ottimi pretesti per fermarsi: uno goloso e uno culturale. Il primo è la sosta obbligata al Ristorante Selvatico. Aperto nel 1912, propone da quattro generazioni le prelibate specialità del territorio. In cucina la signora Piera, cuoca dell’Alleanza Slow Food, affiancata dalla figlia Michela. Accomodatevi a tavola e ordinate per esempio la tartare di barbabietola con l’uovo marinato a freddo, i peperoni e le acciughe. Oppure la torta di zucca berrettina con la fonduta e la mostarda. Del resto in bici non ci si va per dimagrire (almeno così la penso io), ma per passare una giornata all’aperto e scoprire luoghi, usanze, sapori.
La seconda sosta è quella da ART art, “creatura” di Franco e Cristina Riccardi. Una coppia milanese che negli anni ha messo insieme una collezione d’arte contemporanea davvero degna di un museo. Un centinaio di opere dagli anni ’30 agli anni ’70, che contano nomi come Licini, Radice, Vedova, Turcato, Burri, Fontana, Pistoletto… veri “mostri sacri” per chi mastica un po’ l’argomento. La galleria è aperta su appuntamento (tel. 335.6267327), e a fare da Cicerone in genere è lo stesso Franco Riccardi, instancabile anfitrione.
Poi via, di nuovo in bicicletta. Pedalando tra le vigne si costeggia Retorbido. Si dice che qui vivesse il famoso e astuto contadino Bertoldo, e che frequentasse la residenza estiva del re Alboino nella vicina Codevilla. Vero o meno, ogni anno il paese lo festeggia in marzo con la Sagra del Polentone.
Il percorso continua praticamente in piano, in mezzo ai prati e ai vigneti. Ecco il colle di Mondondone, dove si trovava un’antica Rocca medievale di cui oggi ben poco resta (qualche traccia di mura e qualche sasso). Ed eccoci a Codevilla. Qui siamo a 146 metri sul livello del mare. Un migliaio di abitanti e un sindaco (Marco Dapiaggi) che lavora indefessamente per rendere questo piccolo paese una meta turistica ambita.
È stato lui ad aprire nelle sale comunali un piccolo museo dedicato a Maria Maddalena Rossi, nata proprio a Codevilla nel 1906. Un nome che ai più dice poco, ma in realtà fu davvero una grande donna. Comunista, partigiana, deputato nelle prime tre legislature della Repubblica, fu sempre in prima fila nella difesa dei diritti delle donne. Appassionata di arte, aveva anche messo insieme una collezione che oggi appunto è diventata una raccolta museale a lei dedicata. Tra gli autori che la compongono: Carrà, Mafai, Guttuso, Sassu.
Infine Voghera, avamposto della pianura Padana. Davanti alla stazione ferroviaria si conclude il nostro itinerario sulla Greenway Voghera-Varzi. Si restituiscono le bici. Si passeggia per le vie del centro ammirando il Castello Visconteo e il Duomo. E ci si ripromette di tornare per gustarla con calma. Magari percorrendo la ciclopedonale nella direzione giusta.
Un’ultima nota: una volta rientrati in possesso dell’auto (o comunque prima di tornare a casa) fate una puntatina alle cantine Marchese Adorno. Non ve ne pentirete!
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