Continua il nostro viaggio sulla Via Francigena. La terza tappa ci ha portato da Vetralla a Viterbo, e la quarta da Viterbo a Montefiascone. Finalmente siamo stati baciati dal sole (in certi casi anche troppo). Grande entusiasmo e un altrettanto grande dubbio: com’è possibile che ogni sera portiamo a casa molti più chilometri del previsto?
Dopo l’acqua a catinelle del primo giorno e le sue conseguenze che abbiamo pagato durante il secondo (ponti crollati, guadi di torrenti, immersioni in pozzanghere di fango), la terza giornata è stata clemente. Un sole caldissimo ci ha accompagnato da Vetralla fino a Viterbo, insieme ad Andrea Natali.
Chi è questo signore che si è unito a noi lungo il cammino? Un interessante personaggio che si occupa di conservazione dei beni culturali per il Comune di Vetralla, e che dopo il saluto del sindaco ci ha guidato lungo i sentieri della Via Francigena fino a Viterbo. E forse di una guida avevamo proprio bisogno. Per due motivi. Primo: abbiamo evitato di sbagliare strada, perché fare la Francigena al contrario non è una passeggiata, e individuare la segnaletica è una specie di caccia al tesoro. Sarà per questo che tra inversioni di marcia e giri in tondo, alla fine facciamo ogni giorno almeno 5-6 chilometri in più rispetto al previsto.
Il secondo motivo è che Andrea Natali ci ha fatto una rivelazione: vale a dire che la “vera” Via Francigena è proprio quella che stiamo percorrendo noi, contromano. Perché Sigerico, l’arcivescovo di Canterbury che aveva tracciato per primo il percorso, era appunto partito da Roma dirigendosi verso nord. Questa consapevolezza ci ha messo le ali ai piedi. Tanto che arrivati in vista di Viterbo, quando ci siamo trovati davanti una strada chiusa per frana, abbiamo allegramente deciso di scavalcare le transenne per arrivare prima.
Complice anche Alessandra Croci, una spumeggiante insegnante di educazione fisica che si è unita al gruppo – sempre nella tratta da Vetralla a Viterbo – e addirittura ha provveduto a rifocillarci facendoci trovare lungo il cammino pizza e bibite. Gli angeli custodi esistono.
Al traguardo (tale per noi è l’alloggio che ci attende alla fine di ogni tappa) ecco sulla soglia della casa per ferie Il Villino l’incontenibile suor Mercedes. Una parola buona per tutti, e un bacio a ciascuno la mattina dopo appena svegli. “Anche se non siete credenti, un bacio non fa mai male”.
Ed è con questo viatico che siamo partiti alla volta di Montefiascone. In questo caso a farci da sprone è stato un pensiero molto prosaico: degustare il famoso Est Est Est, il vino tipico del luogo. Questa volta ad accompagnarci (e ad evitarci di perdere la strada) sono stati due soci del CAI di Viterbo, Rita Fanelli e Maurizio Di Carlo. A loro il compito di portarci sani e salvi a destinazione, senza bypassare la casa di accoglienza di Franco e Immacolata.
Qui, a tre chilometri da Montefiascone, la coppia ha aperto una struttura cosiddetta “a donazione” (cioè ognuno lascia quello che vuole), la casa Domus che offre da dormire e da mangiare ai pellegrini di passaggio. E qui ci siamo fermati anche noi a prendere fiato, bere vinello fresco sotto il pergolato, mangiare insalata di riso e verdure dell’orto saltate in padella.
L’arrivo a Montefiascone ha messo a dura prova la resistenza di alcuni componenti del gruppo. L’ultimo chilometro di salita verticale sotto il sole a picco ha fiaccato gambe e fiato. Ma una volta tanto siamo arrivati alla meta prima del tramonto… giusto per l’ora dell’aperitivo!
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