Dopo dieci giorni e circa 270 km macinati a piedi (di cui poco meno della metà negli ultimi quattro giorni) siamo finalmente arrivati a Siena, meta finale di questa prima edizione della Via Francigena contromano e contro i pregiudizi.
È stata una specie di Armata Brancaleone, quella che ha varcato martedì mattina l’arco di Porta Romana a Siena. Dopo dieci giorni e quasi 270 km macinati a piedi, solo la vista da lontano della silhouette della Torre del Mangia ci ha spinto a continuare fino alla fine, senza badare alle vesciche, ai crampi, allo sfinimento. Già, perché le ultime quattro tappe sono state davvero toste: in media 30 km al giorno, con salite mozzafiato e sotto un sole implacabile.
Ma ce l’abbiamo fatta. Siamo arrivati tutti in fondo, compatti. Anche se l’ultimo giorno abbiamo marciato in silenzio, senza i frizzi e lazzi che ci avevano accompagnato per tutte le giornate precedenti. Non c’era più la forza per scherzare. In compenso ci siamo concessi qualche sosta. Per un gelato, o per “toccare con mano” i girasoli. Una bella sorpresa, per chi non li può vedere: “Ma sono altissimi! E hanno proprio la corolla che punta verso il sole…”.
Persino il mitico Miki, il nostro “gigante buono”, l’operatore della Croce Rossa di Lipomo (Como) che ci ha accompagnato occupandosi in modo impeccabile del supporto logistico, nell’ultima giornata parlava poco. Segno che davvero era un po’ provato.
A rendere l’ultima tappa ancora più faticosa, ha contribuito anche la notte trascorsa a Ponte d’Arbia, nelle camerate del Centro Mons. Cresti. Sulla carta, “un luogo di accoglienza per i pellegrini” (come si legge sul sito). Nella realtà una catapecchia diroccata, con una ventina di posti letto e un solo bagno (più, a dire il vero, altri due fatiscenti al piano di sotto). I nostri amici non vedenti, per fortuna, non hanno potuto cogliere i dettagli. Ma anche per loro non è stato facile dormire in letti cigolanti, su materassi sporchi, con la sorpresa di trovarsi al mattino braccia e gambe coperte di punture (pulci? cimici?). Vita da pellegrino, è proprio il caso di dirlo.
Ma come in tutte le favole che si rispettano (e la nostra avventura in fondo è stata un po’ una fiaba), c’è sempre il lieto fine. In questo caso la fata che con la sua bacchetta magica ha ribaltato la situazione si chiama Alberto Tirelli, ed è l’assessore al turismo del Comune di Siena. È lui che ci ha fatto trovare martedì sera, proprio in piazza del Campo, due tavole apparecchiate all’aperto e una cena sopraffina. E al cospetto della Torre del Mangia (finalmente così vicina da toccarla con un dito), con i calici di vino in mano, tanta emozione e gli occhi lucidi, si è conclusa la prima edizione della nostra Via Francigena contromano e contro i pregiudizi.
Si brinda all’impresa in piazza del Campo. La foto di apertura è di Fabio Prati.
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